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17 aprile 2010

Fare il governatore porta jella?


Pubblicato su L'Isola il 2 aprile 2010

di Giuseppe Pipitone
Sulla poltrona di Governatore di Sicilia qualcuno c’ha buttato il malocchio. Quasi ci fosse scritto “chi tocca muore (politicamente)”. Sia chiaro, le vicissitudini giudiziarie di Lombardo sono ad uno stadio ancora troppo poco avanzato per pronosticarne la caduta. Ma le vicende di Nicolosi, di Provenzano, di Cuffaro, ed ora anche Raffaele Lombardo - tutti processati, indagati, condannati, per fatti relativi alla mafia - dovrebbero consigliare ai possibili futuri governatori di far benedire la poltrona di Piazza Indipendenza, prima di occuparla. O per lo meno di far bonificare l’ambiente, l’auto e i telefoni da possibili cimici.
Furono le intercettazioni, che la politica continua guarda caso a bistrattare, a costare la poltrona, ed in futuro chissà cos’altro, a Totò Cuffaro, ex apprendista di Mannino, uomo anche lui afflitto, prima dell’assoluzione, da jella giudiziaria. Il leader del Movimento per l’Autonomia ha iniziato ad incrinare i rapporti con Cuffaro, di cui era considerato il gemello siamese più baffi e riporto, proprio a causa della sua politica marcata di discontinuità con quella dell’ex paffuto governatore, condannato in appello a 7 anni per favoreggiamento a Cosa Nostra. Ora alcune intercettazioni, unite a dichiarazioni del collaboratore Pulizzi, stringono il cerchio mediatico intorno a don Fefè da Catania. Proprio come successe a Cuffaro. Non solo, ma anche il reato ipotizzato per Lombardo– concorso in associazione mafiosa – è simile, anzi ancor più grave di quello contestato al senatore con l’innata passione per i cannoli. In queste ore l’uomo che voleva emulare Bossi, ha dovuto rispedire al mittente una miriade di voci e ricostruzioni sul suo rapporto coi clan. Voci ingiuriose che raccontano di come il presidente siciliano avesse stretto un accordo con Vincenzo Aiello, successore dello storico boss Nitto Santapaola. Lo stesso Pulizzi addirittura racconta che nel 2007 “Aiello ed Angelo Lombardo incontrarono a Palermo Salvatore e Sandro Lo Piccolo, ed in quella occasione i catanesi portarono in dono un kalashnikov.” Anche Angelo Lombardo, deputato nazionale col partito di famiglia (intesa quest’ultima, a scanso di equivoci, come nucleo affettivo parentale), risulterebbe indagato nell’inchiesta. Ma ad aleggiare sulle testa di Lombardo ci sono anche possibili indagini riguardo a presunti affari che il leader autonomista avrebbe fatto con soggetti vicini alle cosche. Emblematica in tal senso la figura dell’imprenditore palermitano Liga, arrestato da pochissimo, considerato il successore dei Lo Piccolo. Lombardo ammette di aver incontrato Liga, ma sono in luoghi pubblici. Almeno per il momento è allontanato il fantasma di Totò Cuffaro, che era solito incontrare Aiello nel retrobottega di un negozio di scarpe.

Lombardo inoltre smentisce categoricamente l’accusa di aver trattato affari con le cosche: “Io non faccio affari con nessuno, ne da mille ne da un miliardo di euro. Alla Regione affari non se ne fanno.” E’ lecito chiedere, dopo tali smentite, se per caso avesse l’abitudine di trattare affari fuori dalla Regione. Magari nella sede della presidenza distaccata a Catania, che ha fortissimamente voluto. Oppure proprio fuori dalla Sicilia. Ogni diritto di smentita, soprattutto in una vicenda ancora poco chiara come questa, è lecito. Ma è un fatto che, in un intercettazione agli atti dell’inchiesta Why Not, Lombardo fu sorpreso a parlare con Tonino Saladino, referente calabrese della compagnia delle opere. Nella telefonata compare il nome di Tonino Gatto, presidente della Despar, indagato dalla Dda di Palermo nell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio dei patrimoni di Matteo Messina Denaro. Saladino e Gatto erano interessati ad appoggiare il Mpa alle regionali. Alla chiamata seguì un incontro tra Lombardo e Saladino. Come finì l’incontro, se mai ci fu, non si sa. Almeno al momento. Si parla di un verbale dei Ros di cinquemila pagine, ed oltre 70 indagati, che chiarirebbe la vicenda. Le dichiarazioni del procuratore catanese D’Agata sono invece, indecifrabili. Il capo della procura etnea, si è limitato a confermare l’esistenza delle indagini su Lombardo, addebitando la fuga di notizie ad una possibile “matrice politica”. Per dar forza alla sua smentita Lombardo ha detto di voler essere sentito al più presto dalla procura..Oltre ai Lombardo brothers, sono indagati anche i deputati regionali Fausto Fagone dell’Udc e Giovanni Cristaudo del Pdl. Se dovessero essere vere le voci sui 70 indagati, allora alla conta ne mancherebbero ancora ben 67. Come detto si tratta solo di spifferi. La bufera deve ancora arrivare. Se mai arriverà. Nel frattempo Lombardo potrebbe iniziare a fare gli scongiuri. E magari cospargere la poltrona di Governatore di acqua benedetta. Sempre che basti. Volete che il devotissimo Cuffaro non ci abbia già provato a suo tempo?

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