Pubblicato su L'isola il 27 novembre 2009
di Vito Lombardo
La crisi drammatica in cui versa il settore agricolo nella provincia di Trapani sta diventando una vera e propria crisi sociale. La terribile conclusione deriva dal fatto che il comparto agricolo nella nostra provincia è il pilastro portante su cui si regge l’intera economia del trapanese. Ma come si è arrivati a questa crisi, che è appunto crisi sociale? Chi sono i responsabili?
Per comprendere le responsabilità analizziamo il presente ed in particolar modo il comparto vitivinicolo. La superficie vitata in provincia di Trapani è di 68.075 ettari, il 57,41% rispetto a quella regionale, il 10% rispetto a quella nazionale. La produzione di uve da vino, circa il 75% intercettata da cantine sociali, è mediamente superioreai 9 milioni di quintali da cui si ricavano circa 6,5 milioni di ettolitri di vino concentrato. Numeri che dovrebbero certificare un grande potere contrattuale circa il prezzo delle uve e quindi del vino trapanese, invece i prezzi sono in caduta libera. Per quanto riguarda la commercializzazione vi sono carenze strutturali enormi, nel senso che solo una esigua e piccolissima parte di vino viene imbottigliato, il resto viene venduto sfuso a produttori del nord Italia e quindi è miseramente naufragata la costituzione del Consorzio di Tutela e Valorizzazione dei vini di Sicilia. Il 2008 ha fatto registrare una crescita del 48% dei prezzi dei mezzi correnti di produzione, concimi, del 20% per energia e lubrificanti. Per cui le spese di gestione per coltivare 1 ettaro di vitigno sono state circa 3.000 Euro, con ricavi di 900 Euro ad Ha (quintali 75 x euro 11,5) con una perdita di 2.100 Euro ad ettaro. Le carenze strutturali cosa comportano? L’Ocm Vino prevede per i Paesi comunitari dei fondi, con aliquota contributiva del 50%, per la promozione del vino nei Paesi terzi: India, Cina, Svezia, Regno Unito, Russia, Corea etc. La maggior parte delle aziende della nostra provincia non può partecipare perché manca il vino imbottigliato da promuovere, mentre ne possono usufruire le aziende del nord Italia che hanno imbottigliato il vino forse anche quello sfuso siciliano. Ritornando al quesito delle responsabilità. Innanzitutto non è scevra di responsabilità, anzi ha le maggiori colpe, l’intera classe politica a prescindere dal colore politico. I politici che i cittadini delegano a rappresentarli non solo non hanno rappresentato gli interessi degli agricoltori trapanesi, e quindi sono stati inefficienti nel creare le condizioni per un reale sviluppo della nostra agricoltura, ma soprattutto sono stati efficientissimi nel non creare le condizioni di sviluppo. E questo alimenta le certezze di coloro che perentoriamente affermano l’assioma: lo sviluppo economico rende i cittadini liberi di votare, mentre il sottosviluppo produce clientelismo elettorale. Nel comparto vitivinicolo le responsabilità della politica sono da condividere e sommare anche con le colpe dei presidenti e consigli d’amministrazione delle cantine sociali che hanno portato al fallimento dello scopo per cui le stesse sono nate. Non sono immuni da peccati neanche i sindacati di categoria che sono divenuti troppo politicizzati e quindi anche loro sono venuti meno allo scopo per cui sono stati istituiti. Infine la responsabilità della crisi è, anche se minima, degli agricoltori che essendo non proprio giovanotti non hanno la cultura dell’associazionismo, si pensi al detto “società mancu cu la mugghieri”. Anche se, ad onor del vero, tutte quelle volte che gli agricoltori finalmente uniti hanno manifestato, non solo la politica è rimasta sorda, non solo sono stati illusi da capipopolo egoistici, ma sono stati anche multati per diverse migliaia di Euro. In questa situazione così drammatica per gli agricoltori trapanesi è di questi giorni la querelle tra agricoltori e cantine sociali circa la modalità di distribuzione dei circa 50 milioni di Euro destinati dall’Ocm Vino per la Sicilia (1400 Euro ad ettaro vitato): i primi, fino ad ora mai accontentati, sono per uno stanziamento diretto alle aziende agricole attraverso la vendemmia verde; i secondi, quasi sempre soddisfatti, sono per la distillazione alcol uso bocca e quindi soldi gestiti dalle cantine sociali. È sotto gli occhi di tutti che il problema maggiore dell’agricoltura del trapanese è la totale mancanza di industrie di trasformazione, confezionamento e commercializzazione dei prodotti agricoli. Le soluzioni a medio e lungo termine per superare la drammatica crisi sono paradossalmente semplici: fusione delle numerose cantine sociali con una nuova forma societaria, costituzione di un consorzio Doc Sicilia, realizzare industrie di trasformazione agroalimentari, ridurre al massimo la filiera. E quindi essere finalmente competitivi.
Per comprendere le responsabilità analizziamo il presente ed in particolar modo il comparto vitivinicolo. La superficie vitata in provincia di Trapani è di 68.075 ettari, il 57,41% rispetto a quella regionale, il 10% rispetto a quella nazionale. La produzione di uve da vino, circa il 75% intercettata da cantine sociali, è mediamente superioreai 9 milioni di quintali da cui si ricavano circa 6,5 milioni di ettolitri di vino concentrato. Numeri che dovrebbero certificare un grande potere contrattuale circa il prezzo delle uve e quindi del vino trapanese, invece i prezzi sono in caduta libera. Per quanto riguarda la commercializzazione vi sono carenze strutturali enormi, nel senso che solo una esigua e piccolissima parte di vino viene imbottigliato, il resto viene venduto sfuso a produttori del nord Italia e quindi è miseramente naufragata la costituzione del Consorzio di Tutela e Valorizzazione dei vini di Sicilia. Il 2008 ha fatto registrare una crescita del 48% dei prezzi dei mezzi correnti di produzione, concimi, del 20% per energia e lubrificanti. Per cui le spese di gestione per coltivare 1 ettaro di vitigno sono state circa 3.000 Euro, con ricavi di 900 Euro ad Ha (quintali 75 x euro 11,5) con una perdita di 2.100 Euro ad ettaro. Le carenze strutturali cosa comportano? L’Ocm Vino prevede per i Paesi comunitari dei fondi, con aliquota contributiva del 50%, per la promozione del vino nei Paesi terzi: India, Cina, Svezia, Regno Unito, Russia, Corea etc. La maggior parte delle aziende della nostra provincia non può partecipare perché manca il vino imbottigliato da promuovere, mentre ne possono usufruire le aziende del nord Italia che hanno imbottigliato il vino forse anche quello sfuso siciliano. Ritornando al quesito delle responsabilità. Innanzitutto non è scevra di responsabilità, anzi ha le maggiori colpe, l’intera classe politica a prescindere dal colore politico. I politici che i cittadini delegano a rappresentarli non solo non hanno rappresentato gli interessi degli agricoltori trapanesi, e quindi sono stati inefficienti nel creare le condizioni per un reale sviluppo della nostra agricoltura, ma soprattutto sono stati efficientissimi nel non creare le condizioni di sviluppo. E questo alimenta le certezze di coloro che perentoriamente affermano l’assioma: lo sviluppo economico rende i cittadini liberi di votare, mentre il sottosviluppo produce clientelismo elettorale. Nel comparto vitivinicolo le responsabilità della politica sono da condividere e sommare anche con le colpe dei presidenti e consigli d’amministrazione delle cantine sociali che hanno portato al fallimento dello scopo per cui le stesse sono nate. Non sono immuni da peccati neanche i sindacati di categoria che sono divenuti troppo politicizzati e quindi anche loro sono venuti meno allo scopo per cui sono stati istituiti. Infine la responsabilità della crisi è, anche se minima, degli agricoltori che essendo non proprio giovanotti non hanno la cultura dell’associazionismo, si pensi al detto “società mancu cu la mugghieri”. Anche se, ad onor del vero, tutte quelle volte che gli agricoltori finalmente uniti hanno manifestato, non solo la politica è rimasta sorda, non solo sono stati illusi da capipopolo egoistici, ma sono stati anche multati per diverse migliaia di Euro. In questa situazione così drammatica per gli agricoltori trapanesi è di questi giorni la querelle tra agricoltori e cantine sociali circa la modalità di distribuzione dei circa 50 milioni di Euro destinati dall’Ocm Vino per la Sicilia (1400 Euro ad ettaro vitato): i primi, fino ad ora mai accontentati, sono per uno stanziamento diretto alle aziende agricole attraverso la vendemmia verde; i secondi, quasi sempre soddisfatti, sono per la distillazione alcol uso bocca e quindi soldi gestiti dalle cantine sociali. È sotto gli occhi di tutti che il problema maggiore dell’agricoltura del trapanese è la totale mancanza di industrie di trasformazione, confezionamento e commercializzazione dei prodotti agricoli. Le soluzioni a medio e lungo termine per superare la drammatica crisi sono paradossalmente semplici: fusione delle numerose cantine sociali con una nuova forma societaria, costituzione di un consorzio Doc Sicilia, realizzare industrie di trasformazione agroalimentari, ridurre al massimo la filiera. E quindi essere finalmente competitivi.
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